Siamo volati a Livigno, ai confini estremi dell’Italia del nord, in un paradiso di montagne che viene chiamato “Piccolo Tibet“. Lì, a 1816 mt. di altezza, si trovano in ritiro – presso il centro Aquagranda Active You – 15 nuotatori della nazionale azzurra di nuoto, in collegiale prima dell’inizio degli Europei in Corta di Copenhagen. Tra di loro anche la stella del nuoto azzurro Federica Pellegrini, il campione europeo dei 100sl Luca Dotto e poi Simona Quadarella, Niccolò Martinenghi e Sara Franceschi … Ecco la nostra intervista esclusiva all’allenatore di Federica Pellegrini, Matteo Giunta:

Dal 2014 segui Federica Pellegrini. Argento a Kazan e oro a Budapest. Cosa si prova da allenatore a vedere vincere il proprio atleta?

“Difficile descriverlo. Ho nuotato per tanti anni a livello medio-basso. Il mio sogno era quello di partecipare a un olimpiade per sentire cosa si prova a salire sul gradino più alto del podio in avvenimenti così importanti. Questo non è successo. Però ho avuto la fortuna – e anche un pochino di bravura – di riuscire a vedere Federica sul gradino più alto del podio e sentirmi parte (anche in piccola percentuale) di questa vittoria.”

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È vero che ti sei commosso dopo l’oro di Budapest?

“Assolutamente sì. La commozione è dovuta a tutto il percorso che abbiamo fatto l’anno precedente a Rio: abbiamo fatto un anno secondo me spettacolare, lei si è allenata come non mai, siamo arrivati nel periodo più importante con ottime prove come l’oro agli europei nei 200sl e al Settecolli dove ha nuotato il suo miglior crono sulla distanza in tessuto. Le premesse erano tutte positive, tutte buone, poi in una finale olimpica può succedere di tutto, è successo che è arrivato questo quarto posto. Quindi una forte delusione, una forte amarezza, anche se ero consapevole che era stato fatto tutto quello che era in nostro potere per riuscire ad arrivare a quella medaglia.

L’anno successivo ai mondiali di Budapest era una sorta di all-in in termini pokeristici: “una medaglia sarebbe stata la rinascita, un quarto posto o un altro piazzamento probabilmente significava l’addio del nuoto a Federica”. Questo a me sarebbe dispiaciuto tantissimo. E’ arrivato questo oro splendido e quindi emozioni fortissime e non sono riuscito a trattenere le lacrime.”

Si dice che atleta e allenatore siano come una cassaforte e la sua combinazione. È difficile allenare un atleta dal calibro di Federica Pellegrini?

“E’ facile perché non hai bisogno di spingerla a trovare motivazioni. E’ una ragazza che è sempre motivata al massimo e che ogni giorno in allenamento dà il 100%, quindi sotto questo punto di vista no. E’ difficile perché si è creata intorno a lei questa aurea di aspettative di essere la numero uno, di dover essere sempre la più forte e questo è un macigno che a volte ha creato tanti problemi ad atleti e allenatori.

Anche per me è stato difficile dover rispettare questo must di dover sempre vincere. Poi sulla metafora della cassaforte sicuramente ogni atleta ha un metodo e un modo per essere allenato, modo che l’allenatore deve trovare per far esprimere all’atleta le sue massime potenzialità. Il merito dell’allenatore è quello di trovare questa combinazione che permette di aprire la cassaforte e di trovare il tesoro che poi in realtà è la massima performance che può esprimere un atleta.”

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La scorsa settimana si è alzato un polverone mediatico (e non solo) dopo il commento di Federica sulla nomina del Moro come miglior allenatore dell’anno. Qual è la tua posizione in merito alla vicenda?

“Io sono sicuro che ci sia stato un fraintendimento sulle parole scritte da Federica ma non ne voglio parlare. Come ho già detto, eravamo tre allenatori nella fase finale di questa valutazione e partivamo alla pari per diverse valutazioni. La giuria ha scelto il Moro e si accetta questo tipo di scelta. Sicuramente mi dispiace perché era quel qualcosa in più a coronamento di una stagione spettacolare, ma allo stesso tempo non toglie niente di quello che abbiamo fatto lo scorso anno.”

Livigno e Aquagranda. Allenamenti a 1816m di altezza isolata da tutto il resto del mondo … com’è allenare (e vivere) in alta quota?

“I vantaggi sono molteplici: hai un impianto da 25m molto bello, una palestra attrezzatissima, hotel e alberghi di ottimo livello, si mangia da dio – forse anche troppo bene – di conseguenza gli atleti si possono concentrare molto bene su quello che devono fare, sul loro allenamento. Quindi i sacrifici di ogni giorno diventano un po’ meno sacrifici rispetto al solito. Quando apriranno la vasca da 50m diventerà un gioiello unico a livello europeo e potrebbe diventare un punto di riferimento per il nuoto di altissimo livello.”

Il nuoto nel 2016 è diventato lo sport più praticato dagli italiani, eppure in tv è sempre il calcio a far da padrone. Cosa manca all’Italia per cambiare visione di sport?

“Una delle differenze sostanziali con gli sport di squadra in generale è che questi si giocano ogni settimana. C’è questa periodicità più densa, questa densità di competizioni che manca nel nuoto. Nel nuoto di gare importanti ce ne sono 2 l’anno, a volte solamente una in tutta la stagione e se ne parla solo in quell’occasione (salvo incidenti di percorso come la settimana scorsa).

Bisognerebbe far crescere l’interesse per questo sport, anche se è difficile … perché gli sport di prestazione non sono gioco e quando non c’è gioco lo spettatore a volte è meno coinvolto. In uno sport come il nuoto le finali sono belle e avvincenti perché ci si gioca una medaglia, le qualificazioni, invece, tendono a essere meno interessanti.”

RINGRAZIAMENTI SPECIALI

AQUAGRANDA ACTIVE YOU
APT LIVIGNO
CALENDARIO VALTELLINESE
VINI NERA
MELE SIMONINI

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