28 medaglie olimpiche conquistate, 39 record del mondo abbattuti, centinaia di vasche e di avversari lasciati alle spalle durante 17 incredibili anni di carriera. Eppure, il nemico più difficile da combattere Michael Phelps non l’ha affrontato in vasca, è stato un altro, era dentro di lui, lo vedeva guardandosi allo specchio e lo voleva trascinare nel più profondo degli abissi: si chiamava depressione.
Michael Phelps si confessa durante una conferenza al Kennedy Center, a Washington, e il suo racconto, dettagliato e minuzioso, commuove il mondo:
“Diventare un campione è la parte più facile, quella più difficile è non arrendersi. (…) Ero sempre affamato di vittorie, ne volevo sempre di più. Volevo spingermi fino al mio limite, vedere dove potevo arrivare. (…) Volevo vincere, arrivare sempre più in alto e dopo ogni Olimpiade cadevo in depressione. Ho pensato di non voler più vivere.“
Gli ori, i record, la fama, il successo … e quando i riflettori si spegnevano, quando i grandi eventi mondiali terminavano, quando tutti sembravano dimenticarsi di lui, ecco un’ombra pesante che lo avvolgeva e iniziava a nascondergli il resto. Quasi un demone che non gli lasciava tregua, lo stesso demone che in passato aveva tormentato Thorpe, Hackett ed Ervin. Quasi che questo demone fosse il prezzo da pagare per essere una leggenda del nuoto (e dello sport) mondiale.
ATENE 2004 E LA PRIMA CRISI
Dopo Atene 2004 la prima crisi: quella fame di vittorie rimasta insaziata, quelle aspettative di 8 ori rimaste insoddisfatte … ma in particolare fu dopo i Giochi Olimpici di Londra 2012 che Michael Phelps arrivò davvero al bordo più vertiginoso del precipizio: “Non volevo più gareggiare, non volevo più vivere in realtà. Passavo tre giorni su cinque a letto, mangiavo e dormivo, non volevo essere vivo“. Il suicidio era diventato quasi un chiodo fisso.
LA DEPRESSIONE: LA PIÙ TEMIBILE DEGLI AVVERSARI
Difficile immaginare che questi pensieri potessero nascondersi dietro ai suoi successi, dietro ai suoi record, dietro alle sue medaglie. Difficile immaginare che questa depressione stesse divorando l’uomo più medagliato nella storia dei Giochi Olimpici, il nuotatore più forte di tutti i tempi. Ma la depressione, la più temibile degli avversari, silenziosa e letale si faceva sempre più largo tra i suoi pensieri.
“Il primo giorno che sono andato in terapia tremavo, ma avevo bisogno di capire cosa mi stesse succedendo.” poi, piano piano, la rinascita. Piano piano, la rivincita, non in vasca, ma nella vita: “Ho capito che a volte sentirsi bene non significa stare bene, che le persone hanno paura a parlare dei loro disagi e per questo il tasso di suicidi aumenta. Credo che le persone possano uscirne se se ne parla. E’ l’unico modo per cambiare“.
Che ne sanno, gli altri, di quanto sia difficile arrivare su quel gradino. Che ne sanno delle motivazioni, degli allenamenti disumani, dei sacrifici quotidiani … molti lo danno per scontato: “Facile per lui vincere, è Michael Phelps“. Quello che non capiscono è che in fin dei conti è che anche lui, Michael Phelps, è una persona come tutti noi. E’ un nuotatore che non si è mai arreso, per fortuna. Che non ha mai mollato, nemmeno contro il più temibile degli avversari.
“Da piccolo dicevo di voler diventare il più grande nuotatore di tutti i tempi. Ma quando ho cominciato quest’avventura, nel 2000, alle Olimpiadi di Sydney, non avrei certo immaginato che sarei stato qui, adesso, con quello che ho vinto. Ma lo sognavo. Pensavo che avrei potuto farcela. E non ho mai smesso di crederci.” – Leggi altre frasi e aforismi di Michael Phelps
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