Le differenze tra i sessi sono sempre state oggetto di studio della fisiologia umana: basta confrontare i corpi di un uomo e una donna per rendersi conto delle diversità.

Nello sport esistono categorie distinte per competere e, ultimamente, questo topic ha suscitato un grande interesse nella letteratura scientifica – specialmente in discipline come il nuoto, in cui la prestazione è misurata oggettivamente da una grandezza quantificabile come il tempo.

Sono state proposte diverse risposte al perché esista un gap di prestazioni tra i due sessi, relative a fattori biologici e fisiologici e a motivazioni socio-culturali.

Nel nuoto è stato osservato un fenomeno inusuale. Il gap di performance appare relativamente stabile nelle varie distanze – solo un po’ più marcato nella velocità – ma se la distanza diventa sufficientemente lunga, tale da poter nuotare ore e ore nelle “marathone“, le donne sono in grado di ridurre questo gap.

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Tra abitudini, tradizioni e accessibilità

A differenza di ciò che accade con le variabili fisiologiche, facilmente quantificabili ed analizzabili, non è così immediata la correlazione tra i fattori socio-culturali e il gap di prestazioni.

Tra essi annoveriamo le differenti opportunità di partecipazione, accettazione culturale e accesso al coaching.  

In ogni caso, l’interesse allo sport femminile è in crescita e l’accessibilità a quest’ultimo sempre maggiore: lo dimostra il trend positivo delle Olimpiadi di Rio 2016.

Sia la percentuale degli eventi femminili (47,5%) che quella delle concorrenti (45,5%) raggiungono valori sempre in aumento.


Tra muscoli e ormoni, va in scena l’ossigeno

Veniamo alla parte più “analitica” in cui si espongono i fattori fisiologici e biologici che conducono al gap.

Le prestazioni degli atleti professionisti di sesso maschile superano quelle delle donne in discipline che richiedono forza muscolare, resistenza e/o capacità aerobica.

Per dare un’idea, negli sport in cui la prestazione si valuta in termini quantitativi il gap di prestazione è sempre in una percentuale che oscilla tra il 10 e il 15%.

Le maggiori differenze si esprimono in termini di caratteristiche morfo-funzionali. È interessante e puntuale il report di OggiScienza, in cui viene spiegato che in media peso, altezza e massa muscolare raggiungono valori più alti negli uomini, al contrario l’indice di massa grassa.

C’è differenza anche nella concentrazione di emoglobina nel sangue (135 g/l per le donne e 150 g/l per gli uomini) e ciò si riflette nella capacità aerobica, proporzionale al consumo di ossigeno.

La massima potenza aerobica delle donne, normalizzata ai kg di massa corporea, corrisponde a circa l’85% di quella degli uomini. Anche la massima quantità ottenibile da fonti aerobiche viaggia su questi numeri.

Per capire meglio, prendiamo come esempio il costo energetico della nuotata a stile libero. Le donne sarebbero più veloci a parità di potenza muscolare!

Questo perché la loro fisicità favorisce il mantenimento della posizione orizzontale grazie agli arti più corti e con meno muscoli, insieme alle differenze ormonali e alla diversa locazione del grasso corporeo.

Le maratone del nuoto e la “rivincita” del sesso femminile

Si è visto che nel nuoto di fondo, specialmente nelle lunghissime distanze cosiddette ultra-maratone, le differenze di prestazioni tra i due sessi si riducono.

Questo fenomeno ha catturato l’attenzione di media e della letteratura scientifica che si è sempre più interessata alla dominazione femminile delle lunghe distanze in acque libere.

Vari fattori fisiologici, psicologici, antropometrici e biomeccanici sono stati studiati e discussi per tentare di spiegare il perché.

Secondo uno studio che investiga popolazioni differenti di nuotatori (di livello, età, specialità), sorprendentemente, in nuotate che durano più di 12 ore le donne sono state capaci di ottenere prestazioni simili a quelle degli uomini.

Potenziali spiegazioni per la scoperta di ciò sono ricercabili nei parametri antropometrici di entrambi i sessi. Si intendono dunque differenze nella composizione corporea, peso corporeo, percentuale di massa grassa e massa magra, spessore e dimensione muscolare.

O ancora, differenze nella biomeccanica del nuoto in termini di coordinazione braccia-gambe, costo energetico ed efficienza della nuotata, flessibilità.

Queste gare/maratone vengono svolte in acque con temperature diverse rispetto alle normali piscine. Una spiegazione molto probabile è che le donne siano più veloci degli uomini in queste specialità per la maggior quantità di grasso corporeo, il che porta a risultati migliori in termini di isolamento dal freddo e migliore galleggiabilità per nuoto su lunghe distanze.

Infatti, sulla base di questi risultati, si può concludere che le donne sono state in grado di superare gli uomini nel nuoto in gare di nuoto su lunghe distanze in solitario tenutesi con temperature dell’acqua comprese tra i 15°C e i 20°C.

Queste considerazioni sono solo un riassunto delle ricerche effettuate; nell’articolo in bibliografia, oltre all’elenco di tutte le manifestazioni interessate per questo studio, è possibile approfondire ognuno degli aspetti citati sopra.


Le variabili in gioco sono molte e di varia natura; nonostante la complessità di questo topic, non sono mancati e non mancheranno i tentativi della scienza di approfondire sempre di più sulle ragioni di questo gap.

Gap che, con l’allenamento costante e un interesse sempre maggiore per lo sport al femminile, potrà essere colmato? Ad oggi, le differenze tra i sessi nello sport non sembrano totalmente eliminabili, sebbene l’ultima parola vada sempre al progresso scientifico che, nel nuoto, non manca mai di stupire.


Bibliografia:

Sitografia:

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Profilo Autore

Sofia
Sofia
Studentessa di Chimica, nuotatrice agonista, aspirante scrittrice: non necessariamente in quest’ordine. Forse l’unica nuotatrice al mondo che trova divertenti i 200 farfalla, ma le sue gare preferite in assoluto sono i 100 farfalla e i 100 stile. Membro della redazione, il suo compito? Raccontare storie di cloro sul mondo natatorio e le sue dinamiche per affascinare i meno appassionati, per strappare un sorriso dopo la stanchezza di fine allenamento o, semplicemente, per far battere il cuore agli atleti della community e farli innamorare del nuoto come la prima volta.