Le lancette dell’orologio, affisso alla parete come un fiocco, segnavano le ore 21:00. Scrutando attraverso le vetrate appannate dell’uscita di sicurezza, che affacciava direttamente nel giardino retrostante la piscina, s’intravedeva il buio della notte che avvolgeva ogni cosa.


Qualche utente era già pronto sul bordo vasca per tuffarsi in acqua e mettersi finalmente alle spalle la giornata di lavoro appena terminata in ufficio, oppure in auto a macinare chilometri, con i muscoli della schiena che iniziavano ad accorciarsi e divenire più duri.

L’acqua e il cloro, in soli cinquanta minuti, avrebbero spazzato via tutto questo, come fa il vento maestrale che ripulisce la mente da ogni pensiero, standosene semplicemente seduti in riva al mare. Due signore,  iscritte al corso di nuoto libero, si trattenevano nel chiacchierare all’interno degli spogliatoi. Indossavano un accappatoio morbido e portavano la doppia cuffia, una in tela per non rovinare i capelli ed una in silicone per bagnarli il meno possibile, anche se nuotavano sempre con la testa fuori dall’acqua, in una rana improvvisata, o con le pinnette e la tavoletta, l’una di fianco all’altra in quest’esercizio, così da poter continuare la conversazione precedentemente interrotta.

Quel turno, l’ultimo di giornata, era sicuramente il meno frequentato, nulla a che vedere con i festosi e ludici momenti del primo pomeriggio, ove i protagonisti indiscussi sono i bambini. Anche gli istruttori, i pochi rimasti, potevano rilassarsi scambiando qualche parola, senza contrastare con la voce il solito frastuono che rimbomba nella struttura.

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Gli spalti erano ormai deserti e al posto dei genitori che avevano assistito alla lezione di scuola nuoto dei figli, adesso s’ergevano solamente gradinate in legno gialle e silenziose, e non si udivano più gli incoraggiamenti, tra cui “Vai campione”, oppure “Amore la mamma è qua” seguito da un saluto con tanto di braccio allungato in alto per farsi notare il più possibile, simile al segnale di aiuto di un naufrago. 

Raffaele e Gianluca, i due istruttori presenti in quel momento, incrociarono i loro sguardi dai lati opposti del piano vasca, il primo disponeva della corsia numero uno e due, l’altro la cinque e la sei. Quest’ultimo, il più giovane dei due, eseguiva dei cenni con la mano rivolti al collega, indicando prima le corsie tre e quattro, le uniche rimaste sguarnite da un istruttore, a cui fece seguito un inconfondibile gesto che stava a significare “Dove è finito Marco?!”.

Raffaele rispose allargando le braccia e scuotendo la testa, poi riprese a spiegare l’esercizio di coordinazione braccia rana e gambe crawl ai suoi allievi che attendevano impazienti. 

Gianluca, dunque, una volta spiegato il da farsi agli utenti delle corsie tre e quattro che erano ancora in attesa di conoscere le loro sorti, lasciandoli così alle prese con quattrocento metri stile libero curando nei dettagli la nuotata, si avviò verso lo spogliatoio degli istruttori alla ricerca di Marco, era certo di trovarlo lì. Infatti, fece irruzione senza alcuna esitazione nella stanza e trovò il ragazzo seduto su una delle panche con la testa tra le mani e la schiena incurvata in avanti. 

“Cosa ci fai ancora qui?” domandò Gianluca con un po’ di fiatone.

Marco alzò lentamente la testa e mostrò all’amico gli occhi rossi, aveva senza ombra di dubbio pianto.

“Non ce la faccio, mi spiace” e asciugò col dorso della mano una lacrima che gli aveva appena solcato il viso.

Gianluca si avvicinò poggiandogli la mano sulla spalla per rincuorarlo, non c’era bisogno di parole, e comunque non sarebbero bastate. 

“Volevo dirvi grazie per tutto quello che avete fatto per me in questi anni” proseguì Marco rompendo il silenzio che si era creato insistente tra i due “siete stati una vera famiglia” concluse e scattò in piedi.

Si strinsero in un abbraccio fraterno, durò solo qualche attimo, ma il tempo parve fermarsi, gli stemmi della società stampati sulle magliette di entrambi si unirono come due cuori, in un legame indissolubile, che nemmeno il tempo avrebbe potuto cancellare. 

Intanto, le corsie centrali avevano terminato l’esercizio assegnatogli, l’orologio indicava le ore 21:30, venti minuti prima di abbandonare per sempre quel mondo che Marco si era creato durante gli  anni trascorsi in piscina, la stessa dove aveva cominciato con le prime bracciate sin da piccolo, fino alla scelta di lavorarci come istruttore non appena terminata la carriera agonistica, a diciannove anni.

Il nuoto lo aveva forgiato nell’anima, gli aveva insegnato valori che si sarebbe portato per sempre incisi sul cuore, anche di lì a poco quando avrebbe indossato una divisa con le stellette, portando con sé tantissimi ricordi, le trasferte con la squadra, gli allenamenti più faticosi, le gare andate bene e quelle andate male. E più di tutte la sensazione che provava sempre l’attimo prima della partenza, quando fissava la superficie dell’acqua appena sotto il blocco, ove riflessa appariva l’immagine del suo corpo, pronto a tuffarsi, con le braccia tese e la testa che sporgeva appena.

Quella volta però, sarebbe stato tutto diverso, nuovo, una partenza senza più ritorno e davanti a lui, ad attenderlo, non c’era la piastra dell’arrivo, ma un orizzonte che si mescolava con il cielo ed il sole che sorgeva imponente. Marco stava per intraprendere una rotta che lo avrebbe portato lontano da quella che era stata, per tutta la vita, la sua seconda casa.

L’orologio adesso segnava le ore 21:50, l’ultimo turno era ormai terminato, ma Marco era già fuori dalla piscina. Si fermò sotto la luce fioca di un lampione con il borsone in spalla più carico del solito, osservò lì in alto l’insegna con il simbolo della società spegnersi in un’istante.

Finì tutto in quel preciso momento. Inspirò a fondo, come se avesse voluto intrappolare nei polmoni le particelle di ossigeno che arieggiavano disordinate solo in quella minuscola parte di universo, e portarle per sempre con sé dentro il petto, sotto l’uniforme. Poi si voltò e andò via in silenzio. 


Da un anno con noi

Oggi ci teniamo a festeggiare assieme a tutti voi Stefano Ciollaro, autore di questo articolo, che da un anno collabora con il nostro Team. Se vi è piaciuta questa storia non potete non leggere anche gli altri bellissimi racconti! Grazie Ste!


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Profilo Autore

Stefano Ciollaro
Stefano Ciollaro
Mi chiamo Stefano Ciollaro, sono nato nel 1990 e la mia vita, da sempre, gravita intorno ad un unico elemento, l’acqua: quella salata dei nostri splendidi mari, quella dolce dei laghi, quella che profuma di cloro delle piscine. A tutto ciò si lega indissolubilmente il magnifico mondo del nuoto, che per me rappresenta gioia, armonia, equilibrio.