Il primo ostacolo gli si parò davanti proprio all’ingresso, un tornello che non bastava spingere per sbloccarne i meccanismi.

“Mi scusi, non ho ben capito dove poggiare la tessera”  disse pacatamente Rosario con il borsone in spalla, mostrando in alto ciò che per lui rappresentava solamente un pezzo di plastica rettangolare.

Nemmeno il tentativo successivo andò a buon fine, “La deve tenere poggiata per un paio di secondi” gli suggerì la segretaria protetta da un sottile vetro trasparente, indicando il display del freddo marchingegno.

Finalmente un “click”, come una chiave che apre la serratura ed una luce verde che sostituì immediatamente quella rossa del divieto. “Prego, può andare adesso, signor Rosario”.

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Questi esitò un attimo, poi fece un balzo dall’altra parte del varco, come se stesse per entrare in un altro mondo che lo avrebbe fatto ritornare di nuovo un bambino, a vedere le semplici cose come un bellissimo gioco spensierato. Prima di svoltare per il corridoio che conduceva allo spogliatoio maschile, incrociò una mamma mano nella mano con la propria bambina che aveva appena terminato la lezione di scuola nuoto.

“Mamma guarda c’è il nonno!” esclamò felice e lo salutò con la manina. Rosario rispose alla piccola nuotatrice dolcemente, “Ciao”.   Lo faceva sorridere essere stato chiamato con quell’appellativo, una sola consonante ed una sola vocale da utilizzare per formare la parola nonno, un esempio per la società e per i giovani in particolare, pensava in cuor suo. E non si sbagliava affatto.

Rosario, con i suoi capelli bianchi, gli occhiali eleganti, possedeva una personalità che trasmetteva serenità a chiunque, persino ad uno sconosciuto che incontrava per la prima volta. Il carattere non più ruvido dei tempi addietro, i cui spigoli pungenti erano stati levigati, come una pietra esposta alle intemperie che ora, liscia e tondeggiante, se ne sta appollaiata sulla sabbia, protetta dai granelli che la circondano, a godersi lo spettacolo del mare, alba dopo alba, tramonto dopo tramonto.

Giornalista per una vita intera, si era occupato all’inizio della carriera di cronaca nera, poi era passato allo sport e forse proprio quest’ultimo lo aveva spinto a scegliere una disciplina da praticare una volta in pensione.

Appena messo piede sul bordo vasca, col suo costume a slip nero e la cuffia che lasciava fuori le orecchie, fu completamente investito dall’odore di cloro tipico della piscina. La sua mente scavò veloce negli anfratti più remoti, lo aveva già sentito molti anni addietro quel profumo, o forse no, non ricordava dove esattamente, né quando, ma importava poco, gli piaceva e tanto bastava. Quell’essenza gli inebriava lo spirito ed il suo corpo di bambino scalpitava per entrare subito in acqua.

“Buongiorno, è la prima volta che viene?” domandò l’istruttore che lo accolse sorridendo. Rosario si poggiò gli occhialini sulla fronte, “In realtà nuotavo tanti, troppi, anni fa, ma adesso vorrei ricominciare”. “Bene, io sono Simone” disse porgendogli la mano. “Io mi chiamo Rosario e ti prego di darmi del tu” rispose. Quella stretta di mano segnava l’inizio di qualcosa che andava ben oltre una semplice lezione di scuola nuoto, ma i due ancora non lo sapevano.

“Iniziamo con qualche vasca a stile libero per capire da che punto partiamo” propose Simone. Rosario afferrò deciso le maniglie della scaletta, lo spirito di bambino che si era impossessato del suo corpo lo portò ad immaginarsi un attore famoso che scende dall’aereo privato, mentre le sue ammiratrici lì sotto lo attendono in delirio, un passettino alla volta, poi un altro finché l’acqua gli avvolse entrambe le caviglie.

Inspirò dalla bocca come il sub prima dell’immersione, infine si tuffò ad occhi chiusi in avanti. Per qualche attimo le sue orecchie udirono suoni ovattati, poi riaprì gli occhi come un improvviso risveglio notturno, ma quello non era affatto un brutto sogno.

Gli si presentò innanzi un mondo meraviglioso fatto di sola felicità, gambe che scalciavano, braccia che battevano sulla superficie dell’acqua formando bolle che veloci risalivano fino a scomparire, schiuma e spruzzi che si formavano incessanti come ai piedi di una cascata.

Giunto il momento di mostrare il suo valore, afferrò con la mano la barra del blocco numero 1, quella che utilizzano i dorsisti per la partenza, e allungò l’altro arto in avanti. Portò le ginocchia al petto poggiando i piedi al muro e si lanciò in avanti come un supereroe col mantello.

Così, iniziò a battere lentamente le gambe e muovere le  braccia con movimenti circolari, simili ad un mulino che raccoglie l’acqua, avanzando piano piano. Il suo corpo di bambino però era troppo rigido, Rosario lo avvertiva, i muscoli erano stati fermi per troppo tempo, immobili dietro una scrivania a buttare giù articoli su articoli, fiumi di parole fatte d’inchiostro e di emozioni. Ma non aveva alcuna intenzione di arrestare l’avanzata, nella sua vita non si era mai arreso così facilmente e non avrebbe gettato la spugna proprio quella volta.

Dopo diverse bracciate con la testa sott’acqua, i polmoni reclamarono l’ossigeno. La sua mente non aveva ancora pensato alla strategia da seguire per effettuare la respirazione, pensò veloce, la più conveniente si rivelò alzare la testa in avanti, come se avesse voluto scrutare l’orizzonte nuotando in mare. A dargli supporto, arrivò finalmente il muretto, venticinque metri erano stati nuotati, un appiglio sicuro a cui tenersi per riposare e recuperare le forze.

Si aggrappò ad esso sul ciglio, e ne approfittò della meritata pausa per dare una sistemata rapida agli occhialini un po’ appannati. Il suo corpo di bambino era avvolto in un vortice di energia, invisibile agli occhi. Si voltò verso Simone che lo osservava attento dall’altra parte della vasca, “Rosario riparti pure quando vuoi” gli disse, il nuotatore rispose facendogli un cenno con la mano che andava tutto bene ed era pronto ad effettuare la vasca del ritorno.

Ancora uno slancio, contro le sue aspettative più debole rispetto al primo, ma tanto gli bastava per scivolare un paio di metri preziosi più avanti. Rosario osservava la linea nera che scorreva sul fondo e sotto la sua pancia, mattonella dopo mattonella come le parole sui vecchi fogli di giornale, e sembrava un percorso interminabile.

Nonostante quei gesti li avesse compiuti in passato tantissime volte, quando era ragazzino al mare con gli amici, gli sembrava di scoprirli per la prima volta adesso. La linea nera, d’un tratto, s’interruppe formando una “T”. Attraverso le lenti scure dei suoi occhialini riusciva a scorgere distintamente la figura di Simone accovacciatosi sulle ginocchia ad attenderlo all’arrivo.

L’impresa era riuscita, “Bravo Rosario!” si complimentò Simone, “C’è da lavorare tanto, ma tu ed io insieme possiamo fare grandi cose se lo vuoi” aggiunse

Rosario non aveva sentito una sola parola di ciò che gli aveva detto il suo nuovo allenatore, in quel momento nutriva il bisogno vitale di respirare, e ciò che raccoglieva il suo diaframma era un’aria pura, che non aveva mai assaporato, un nuovo inizio.

Poco meno di un anno dopo, era  già pronto per salire sul blocco di partenza per disputare la prima gara di nuoto della sua vita, i 50 metri rana.

Aveva l’ultimo tempo d’iscrizione sulla lista di partenza, vicino al suo nome erano riportati la categoria, M75, e l’anno di nascita, 1945, ma pensò che quelli fossero solamente dei numeri e nient’altro.


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Profilo Autore

Stefano Ciollaro
Stefano Ciollaro
Mi chiamo Stefano Ciollaro, sono nato nel 1990 e la mia vita, da sempre, gravita intorno ad un unico elemento, l’acqua: quella salata dei nostri splendidi mari, quella dolce dei laghi, quella che profuma di cloro delle piscine. A tutto ciò si lega indissolubilmente il magnifico mondo del nuoto, che per me rappresenta gioia, armonia, equilibrio.