Nel percorso tra i ricordi del passato, spesso tendiamo a dimenticare – o almeno, io lo faccio – l’incredibile storia che lega indissolubilmente la figura di Emanuele Merisi alle Olimpiadi di Atlanta 1996. In un’edizione dei Giochi che di certo non premiò l’Italia del nuoto, il giovane Merisi riuscì a portare quel tocco di azzurro sul podio a cinque cerchi, regalando così al mondo una storia che ancora fa commuovere.
EMANUELE MERISI: IL DORSISTA AZZURRO
Neanche 24enne, Emanuele Merisi si presenta alle Olimpiadi di Atlanta con gli occhi del mondo puntati addosso. Nato a Treviglio, nella bergamasca, nel 1996 si era avvicinato ai Giochi nuotando il miglior tempo dell’anno nei 200 dorso e guadagnandosi, di fatto, il titolo di favorito della gara.
Quelle del 1996 furono delle Olimpiadi particolari per il nuoto azzurro, quasi di passaggio tra due epoche che furono estremamente vincenti e regalarono al mondo intero alcuni tra i più grandi Campioni. Da un lato, campioni indimenticabili del calibro di Giorgio Lamberti e Stefano Battistelli, lasciavano il posto ai compagni più giovani. Dall’altro, la spedizione di Atlanta diede vita ad una squadra che, negli anni a venire, avrebbe lasciato il segno grazie a nuotatori come Massimiliano Rosolino ed Emiliano Brembilla che proprio nella rassegna a cinque cerchi trovarono il trampolino di lancio di una carriera emblematica.
I 200 DORSO DI ATLANTA 1996
L’appuntamento di Merisi con i 200 dorso inizia già il 23 luglio 1996 quando Merisi disputò i 100 dorso, qualificandosi alla finale del pomeriggio, dove poi nuotò un ottimo 55″53, tempo che gli valse la quinta posizione.
Per capire l’importanza di questa gara, bisogna prima delineare le caratteristiche del nuotatore azzurro. Dotato di un’eleganza e di una nuotata pura, Merisi nasce come centista, distanza di cui detiene il Record Italiano. Nel raccontare la gara, il collega Luca Soligo scrive:
La sua nuotata è elegante e pulita, sempre in presa perfetta e quasi mai scomposta, e si contrappone a quella di Battistelli, che è esteticamente meno aggraziato anche se ugualmente molto efficace, famoso soprattutto per una frequenza di bracciata molto elevata, soprattutto nelle fasi decisive dalla gara
Tre giorni dopo, è il momento della gara più attesa.
Nell’aria si respirava già un profumo di vittoria e in tanti erano sicuri che in quel caldo pomeriggio di luglio l’Italia del nuoto avrebbe festeggiato la sua prima medaglia d’oro ad un’Olimpiade. Del resto, Merisi si presentava ai blocchetti di partenza con il miglior tempo stagionale nei 200 dorso.
Tuttavia, già il mattino presentò un campanello d’allarme non più di tanto ignorabile. Merisi, che nella carriera aveva abbondantemente nuotato sotto i 2″ – al tempo, un muro difficilmente invalicabile sotto il quale significava rientrate in un’élite ristretta – quel mattino siglò un sufficiente 2’00″01, tempo che si gli valse la qualificazione alla finale ma lasciò tutto il mondo con il fiato sospeso.
E quel fiato sospeso restò per tutta la gara. La finale vide da subito lo strapotere degli statunitensi Jeff Rouse e Tripp Schwenk che, nella piscina di casa, si sfidavano per il metallo più prezioso. Dietro, un attardato Emanuele Merisi vedeva sempre più lontana la possibilità di una medaglia, pressoché impossibile l’oro.
Il primo cinquanta si registra in 28″56, il passaggio ai 100 in 58″89: non è il solito Merisi, qualcosa non sta funzionando. Tutte le certezze dell’Italia sembrano frantumarsi proprio all’uscita della virata dei 100, quando Merisi esce lontano dal duo statunitense e i giochi sembrano ormai compromessi.
Poi, d’improvviso, il battito d’orgoglio del Campione che esce sempre nei momenti di difficoltà. La veocità si intensifica, la nuotata diventa più fluida e la preoccupazione che fino a quel momento aveva fatto da padrona, scompare. Ai 150 metri il cronometro dell’azzurro segna 1’26″16, Merisi è quarto. I denti si stringono, la fatica comincia a farsi sentire e i muscoli entrano in sofferenza. Ma Merisi resiste, risale, sfiora l’argento.
Ormai è fatta, sul tabellone esce il tempo di 1’59″18: è quello dell’azzurro, è un tempo di bronzo.
Il popolo del nuoto si stringe in un misto di emozione e delusione: in soli due minuti, l’euforia e la convinzione dell’oro hanno lasciato spazio alla felicità e il rammarico di quello che è “solamente” un bronzo. E’ quello che scrisse anche il giornalista Aronne Anghileri su La Gazzetta dello Sport, che commentò:
Il Merisi della finale olimpica è stato buono, ma non il miglior Merisi
Del resto, è impossibile non pensare che il tempo nuotato solo pochi mesi agli Assoluti di Livorno, il tempo che gli valse il Record Italiano, in quel momento sarebbe significato titolo olimpico. Tuttavia, è anche impossibile non ricordare che quel 26 luglio 1996 l’Italia festeggiò una nuova impresa olimpica.
Profilo Autore

- Laureata in Scienze Linguistiche, è entrata in piscina per la prima volta alla tenera età di 3 anni e da quel momento non se n'è più andata. Aspirante giornalista e intervistatrice per diletto, le piace parlare (dicono sia anche logorroica) e vivere di emozioni. Lo Sport è così importante che ha scelto un Master in Sport Digital Marketing & Communication.
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