Non esiste vittoria senza sconfitta, così come non esisterebbe la sconfitta senza la vittoria. In un certo senso, la sconfitta non è altro che il riflesso speculare della vittoria, il suo necessario contraltare nell’armonia dell’esistenza.

L’essere umano è fatto di contrasti, di opposti che si intrecciano e si definiscono a vicenda: non ci sarebbe il concetto di limite se non ci fosse quello di superamento. Sono la paura prima di scoccare la freccia decisiva, la fatica nell’ultimo metro di corsa, l’incertezza prima di un salto, a rendere ogni conquista autentica. Paura e coraggio, sconfitta e vittoria: ogni esperienza trova il suo senso nella presenza del suo contrario.

E così, senza il peso della sconfitta, il trionfo non avrebbe lo stesso sapore; senza il fallimento, il successo sarebbe vuoto. Siamo esseri tesi tra la caduta e il riscatto. E in questo eterno gioco di equilibri troviamo la nostra essenza più vera. A volte si vince, altre si perde. Siamo anime in cammino che avanzano tra ostacoli, trionfi e cadute, cercando nel viaggio stesso il senso del loro esistere. O almeno, così dovrebbe essere.


Perché non si parla mai di sconfitta?

C’è un aspetto dello sport che spesso evitiamo di indagare. Un territorio spigoloso, scomodo, eppure fondamentale. Parliamo continuamente di vittoria, di primati, di trionfi… ma raramente ci soffermiamo sul loro opposto: la sconfitta.

Il valore della sconfitta è il titolo del mio primo libro e da poche ore è disponibile su Amazon sia come ebook sia in formato cartaceo… Questo libro è in qualche modo il riassunto di un viaggio cominciato tempo fa, tra le corsie clorose di una piscina dispersa nelle Alpi valtellinesi. Un viaggio fatto di errori, dubbi, cadute, e ripartenze. Un viaggio che oggi, finalmente, prende voce. E diventa un libro per tutti.

La nostra generazione vive in un’epoca in cui la parola “successo” è ovunque. Ce la ritroviamo infilata nelle vetrine delle librerie, nei post motivazionali su Instagram, nei discorsi degli imprenditori, nei titoli degli articoli, persino nei consigli di amici e colleghi.

“Devi puntare al successo.”
“Devi imparare a vincere.”
“Devi superare i tuoi limiti.”

Come se fosse obbligatorio. Come se tutto ciò che non è una vittoria fosse automaticamente uno scarto, un errore, una vergogna. Eppure, a ben guardare, le nostre vite sono molto più spesso fatte di incertezze, di tentativi andati male, di porte chiuse in faccia, di cadute rumorose e di risalite silenziose.

La verità è che perdiamo molto più spesso di quanto vinciamo. Ma non lo raccontiamo. Perché la sconfitta, nella società in cui viviamo, è ancora un tabù. È qualcosa da nascondere, da superare in fretta, da trasformare in una lezione edificante. Come se avesse valore solo se si trasforma in qualcosa di utile. Come se dovesse necessariamente servire a qualcosa. Ecco, io credo che esista un valore nella sconfitta anche quando non insegna niente. Anche quando resta lì, a fare da eco dentro di noi, come un passo sbagliato che ci portiamo dietro.

È per questo che ho scritto questo libro. Non per celebrare il fallimento. E nemmeno per trasformarlo in una bella favola dal finale felice. Ma per stare lì, accanto alla sconfitta. Osservarla, raccontarla, restituirle dignità. Perché credo che ci sia una forza tutta sua nel dire: “Ho perso.”
Una forza che non ha bisogno di redenzione, né di podi, né di secondi atti gloriosi. Solo di verità.


Ma di cosa parla quindi questo libro?

Prima di iniziare con la presentazione dei capitoli, è giusto fare una piccola precisazione. Questo libro non vuole essere un manuale di sopravvivenza alla sconfitta, né una guida intergalattica per trasformare ogni fallimento in una vittoria. Non troverai ricette magiche, tabelle motivazionali o frasi da appendere in palestra. Questo è un libro dedicato a qualcosa di più sottile, più umano: il valore, spesso incompreso, della sconfitta. Ognuno vive la sconfitta a modo suo. C’è chi si chiude in sé stesso, chi si arrabbia, chi parte per un viaggio, chi si iscrive a un corso di yoga. E va bene così. Perché non esiste un modo giusto per affrontarla, così come non esiste una sola forma di sconfitta.

Alcuni la vivono come una frattura, altri come una spinta. C’è chi la evita, chi la teme, chi la attraversa e ne fa qualcosa di nuovo. Non esiste una mappa, né una misura universale della sconfitta. Allo stesso modo, non esiste una sola idea di successo. Ci sono successi che brillano come fuochi d’artificio e si spengono in un attimo, e altri che ardono piano, ma durano nel tempo. Esistono successi che vengono applauditi da molti e altri che vengono compresi soltanto noi. E a volte capita che sono proprio le sconfitte ad aprirci la strada per riconoscerli davvero.

Non sarà una celebrazione della caduta in sé, né una demonizzazione della vittoria. Proveremo piuttosto a guardare sconfitta, vittoria e successo con occhi nuovi.
Perché non sempre perdere significa fallire, e non sempre vincere significa essere felici. Osserveremo la sconfitta da vicino, da dentro, da lato. La ascolteremo, la accoglieremo, la racconteremo. Non per renderla più bella, ma per smettere di trattarla come un errore di percorso. E ora sì, possiamo cominciare davvero con l’introduzione del libro.


Introduzione al libro

Nel primo capitolo di questo viaggio approfondiremo il rapporto binario tra vittoria e sconfitta: due elementi inevitabili delle nostre vite, della nostra società e della storia dell’umanità. Scopriremo così che il rapporto tra sconfitta e vittoria, pur manifestandosi dalla notte dei tempi, non è uguale in tutte le culture.

Il capitolo che segue metterà in discussione l’esistenza di una vittoria e una sconfitta assoluti. Ci interrogheremo su come il contesto, le aspettative e la prospettiva da cui osserviamo un certo evento possano modificare le nostre percezioni della sconfitta.

Nella terza sezione del libro affronteremo i paradossi della sconfitta, quelle contraddizioni inaspettate che ribaltano la nostra percezione di successo e fallimento. Scopriremo come la vittoria non sempre porti alla felicità e come, al contrario, la sconfitta possa rivelarsi un punto di svolta fondamentale per ritrovare sé stessi. Il quarto capitolo sarà quello più narrativo e aprirà una finestra sulle vite di una serie di incredibili personaggi che spaziano dall’arte alla letteratura, dallo sport alla scienza. Attraverso le loro storie scopriremo come grandi vittorie e grandi successi a volte siano conseguenti a un’innumerevole quantità di sconfitte ed errori. Ma scopriremo anche che non sempre a una sconfitta segue una redenzione.

Dopo aver parlato prevalentemente di sconfitte e fallimenti, nella quinta sezione parleremo di errori e cadute. Che cos’è un errore? Perché sbagliamo così spesso? Nelle pagine di questo capitolo, oltre a raccontare di alcuni dei più celebri errori della storia umana, scopriremo quanto sia importante sbagliare e quanto gli errori e le cadute siano fondamentali per la nostra crescita.

Infine, nel capitolo finale, chiuderemo il cerchio affrontando il tema dell’accettazione della sconfitta. Non come rassegnazione, ma come una scelta consapevole. Dopo aver esplorato la sconfitta nelle sue molteplici forme – dagli errori trasformativi ai fallimenti senza riscatto – arriveremo a comprendere che essa non è una deviazione dal percorso, ma parte integrante del viaggio. Accettarla non significa celebrarla, ma riconoscerne il valore senza paura né vergogna.

D’altronde lo scrisse anche Friedrich Nietzsche in Così Parlò Zarathustra:

«ciò che è grande nell’uomo, è che egli è un ponte e non una mèta».

Vittoria e sconfitta non devono essere considerati punti di arrivo ma tappe del nostro divenire. Insomma, la sconfitta non è una fine. È un attraversamento. E questo libro, nel suo piccolo, prova ad accompagnarti lungo quel ponte.


La sconfitta non è mai fine a sé stessa

Con questo libro, ho cercato di restituire alla sconfitta il suo statuto originario: non quello di un evento negativo da esorcizzare, ma quello di una forma necessaria dell’esperienza umana. Una delle tante modalità attraverso cui l’individuo si confronta con i propri limiti — e, attraverso essi, costruisce il proprio significato.

La sconfitta, in questa prospettiva, non è mai fine a sé stessa. Ci costringe a ridefinire le nostre categorie, a smontare i binarismi tra successo e fallimento, tra vincitori e vinti, tra chi emerge e chi scompare. In realtà, nella sconfitta abita un sapere tacito: quello che ci riguarda tutti, prima o poi. Un sapere che non si insegna nei manuali, ma che affiora nei silenzi, nei vuoti, nei ritorni.

Se questo libro può avere un valore, non è nel fornire risposte. Ma nel suscitare nuove domande. Sul senso della competizione, sull’educazione alla fragilità, sull’idea stessa di prestazione e di valore. Domande che il nuoto, come ogni disciplina, non smette mai di porre – a chi sa ascoltarle.

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La sconfitta non è il peggior fallimento

Il libro è disponibile su Amazon sia in formato cartaceo sia come ebook. Per chiunque avesse voglia di approfondire qualche argomento non esitate a scriverci sui social.

Durante le serate e le nottate trascorse scrivendo questo libro ho pensato spesso se quello che stavo creando poteva essere davvero utile, se queste pagine un giorno sarebbero state lette da qualcuno o se invece tutto questo lavoro non si sarebbe tramutato in una piccola grande sconfitta. Ogni volta che nella mia testa si faceva strada questo pensiero rileggevo le parole del poeta statunitense George Edward Woodberry: 

«La sconfitta non è
il peggior fallimento.
Non aver tentato
è il peggior fallimento».

Eccomi qui, questo è il mio tentativo!


Profilo Autore

Federico
Federico
Una laurea Magistrale in Filosofia presso l'Università di Pavia, un'innata passione per la scrittura, la comunicazione e i social network. Nel 2010, in una serata post allenamento, ho creato nuoto uno stile di vita, da quel giorno mi sono fermamente convinto di una cosa: "tutti i più grandi pensieri sono concepiti mentre si nuota" (semicit). No, dopo 5 anni di università non ho capito se sia peggio Kant o un 400 misti.