Quella di oggi non è la storia di un nuotatore qualsiasi. È la storia di un campione di nuoto che venne deportato ad Auschwitz, è la storia di un lottatore che non si è mai arreso, di un sopravvissuto alla Shoah. Oggi vi raccontiamo l’incredibile vita del nuotatore francese Alfred Nakache. La sua storia inizia nel nord del continente nero, in Algeria, era il 1915.
Nakache era l’undicesimo figlio di una famiglia ebrea, aveva paura dell’acqua e i suoi genitori lo iscrissero così a vari corsi di nuoto. Dimostrò che la paura dell’acqua era solo sete di cloro, era il 1922. A 18 anni, mentre in Germania Hitler diventava cancelliere, raggiunse Parigi, dove bracciata dopo bracciata divenne un nuotatore della nazionale francese.
I Giochi Olimpici di Berlino
Alfred Nakache si qualifica alle olimpiadi del ’36 a Berlino, il clima politico in Germania è teso, ma lui va lo stesso. Lui, ebreo, confida nel fatto che lo sport non sia politica. Proprio ai Giochi Olimpici di Berlino chiude al quarto posto nella finale della 4x200sl, davanti al team tedesco. Tra il ’41 e il ’42 raggiunge l’apice della sua carriera: si laurea campione francese nei 100 e nei 200sl, nei 200 rana/farfalla e nei 400sl, stabilendo inoltre il Record del Mondo nei 200 rana/farfalla, accadeva a Marsiglia il 6 luglio 1941.
Ma la Storia riserva sempre cadute a tutti e il tonfo arrivò nel ‘42. Nakache è costretto a trasferirsi a Tolosa per via degli atteggiamenti razzisti che stanno dilagando nella capitale francese. L’anno seguente, nonostante riesca a far trasferire i campionati francesi a Tolosa, città ancora libera nella Francia occupata dai nazisti, gli è impedito di gareggiare. Per solidarietà tutti i compagni si rifiutarono di gareggiare. Tutto volge al peggio, Nakache è perseguitato, non può più gareggiare, e nel 43 viene arrestato con la moglie Paule e la figlia Annie.
Alfred Nakache ad Auschwitz
Il 21 gennaio 1944 raggiunsero Auschwitz, lì furono separati, Nakache ai lavori forzati, Paule e Annie alle camere a gas. Nakache è il prigioniero numero 172763 e viene assegnato all’infermeria. Data la sua fama di nuotatore spesso veniva obbligato dai soldati tedeschi a tuffarsi nella vasca di acqua di scorta per recuperare oggetti lanciati dai soldati. Nonostante le terribili sofferenze e le torture che riceve Nakache non molla mai, è un nuotatore, un lottatore, appartiene alla piscina e non può morire lì.
A un anno dall’arrivo nel campo, con i Russi alle porte, Nakache fu costretto a mettersi in viaggio con altri 1368 prigionieri verso Buchenwald. A Buchenwald ne arrivarono solamente 46, oltre a lui. Dopo la liberazione alleata venne a conoscenza del destino di sua moglie e di sua figlia. Tornò a Tolosa e per molti mesi continuò ad andare alla stazione nella speranza di rivedere la moglie o la figlia. Invano.
Una seconda vita
La Storia sa talvolta essere terribile, intrisa di violenza e disumanità, ma talvolta è anche in grado di regalare una nuova possibilità, una nuova vita.
Nakache la ebbe: a poco più di un anno dalla liberazione, tornato ad allenarsi, ottenne il record mondiale nella staffetta 3×100 e nel ’48 ottenne un pass per le Giochi Olimpici di Londra, sia nei 200 rana/farfalla che nel team di pallanuoto. Nel 1950, oramai 35enne si ritirò e si sposò. Nel resto della vita divenne maestro e allenatore di quello sport che gli aveva probabilmente salvato la vita ad Auschwitz.
La storia di Alfred Nakache è piena di colpi di scena, vittorie, cadute e momenti di riscatto, ma la sua morte mostra come, talvolta, il destino sa essere ironico. Nakache morirà di infarto a 73 anni durante la quotidiana nuotata mattutina.
“Nel buio la speranza illumina la via”
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Profilo Autore
- Orami ex studente di ICT e comunicazione a Torino, sono il GEEK del gruppo (quello che cerca di far funzionare il sito). Mi occupo di IT, consulenza, UX & UI. Divido il mio tempo libero tra PC, progetti più o meno utili e sessioni fotografiche (prevalentemente in orari improponibili).
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