È capitato a tutti, almeno una volta, di guardare registrazioni di vecchie gare e notare il minimale equipaggiamento degli atleti: solo un costume, niente occhialini né cuffia; oppure, di essere costretti a nuotare senza occhialini dopo averli dimenticati, con il cloro che pizzica gli occhi a ogni bracciata.

Gli occhialini hanno subìto una vera e propria evoluzione nel corso degli anni, passando da una semplice, quanto raffazzonata soluzione per proteggere gli occhi a un effettivo strumento per migliorare la prestazione. E a stupire sono anche – e soprattutto – le tempistiche: cinquant’anni separano la prima, vera apparizione degli occhialini in senso “moderno” dal presente, in cui è stata progettata una vasta gamma di occhialini in quanto a forma, colore e finalità.

Adesso, facciamo un bel po’ di passi indietro – in cui i passi sono secoli – e ripercorriamo l’affascinante e creativa storia degli occhialini e le tappe che li hanno portati a essere così fondamentali per il nuoto.

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Le origini: tra Persia e Polinesia

Il primato per la più antica testimonianza di qualcosa vagamente somigliante agli occhialini va ai Persiani che, nel XIV secolo, ingenuamente ma ingegnosamente, impiegarono i gusci di tartaruga levigati (così da garantire la trasparenza) durante le immersioni alla ricerca di pietre preziose. Non era scontato, in tempi così remoti, avere uno strumento che fosse contemporaneamente trasparente e waterproof, resistente all’acqua; forse per questo gli occhialini primitivi acquistarono popolarità per due secoli in tutto il Medio Oriente. Questo suggerisce che gli occhialini vennero importati in Europa, non riscontrando tuttavia lo stesso successo.

Spostandosi “solo” di qualche chilometro, i sommozzatori polinesiani svilupparono occhialini in legno con telai che sfruttavano “aria intrappolata” per mantenere la visibilità. Sempre i polinesiani furono i primi ad implementare il vetro, dopo che gli esploratori europei lo importarono. Sebbene la visibilità in acqua venne migliorata, questi occhialini possedevano ancora svariate limitazioni, prima fra tutte le lenti non sicure che spesso si smontavano.


Gli albori del XX secolo, tra la Manica e le motociclette

Il primo nome a comparire in questa timeline acquatica è quello di Thomas Burgess (in foto).

Burgess, pallanuotista e nuotatore britannico, bronzo alle Olimpiadi del 1900, usò degli occhiali da moto per attraversare la Manica al suo quattordicesimo tentativo. Un dispositivo sì rudimentale, ma che lo aiutò a percorrere i 56 km che dividono il Regno Unito e l’Europa continentale.

Il primo, vero brevetto viene registrato nel 1916: l’inventore statunitense Charles Troppman progetta un “protettore per l’occhio” o google, occhialino – anche se non vi è alcuna evidenza che furono effettivamente stati realizzati.

Una decina d’anni più tardi, seguendo l’esempio di Thomas Burgess, la statunitense Gertrude Ederle diventò la prima donna ad attraversare la manica a nuoto. Anche lei utilizzò degli occhiali da moto, ma ne migliorò il design e l’efficacia usando una guarnizione paraffinica, rendendoli così resistenti all’acqua.

Gli anni ‘30 non portarono migliorie significative alla tecnologia degli occhialini. Nel ’36 arriva un altro brevetto dell’inventore statunitense Walter Farrel, che disegnò degli occhialini specifici per proteggere gli occhi sott’acqua. Negli anni ‘40 Popular Scientist, una rivista americana, pubblicò le istruzioni per fabbricare i propri occhialini in legno fai da te; senza troppe sorprese, però, non presero piede.

Negli anni ’50 i nuotatori in acque libere, inclusa Florence Chadwick – prima donna ad attraversare la Manica in entrambe le direzioni – presero a usare occhialini in gomma con doppie lenti; erano larghi e un po’ rozzi ma proteggevano i nuotatori dall’acqua salata e la visibilità in mare migliorò.


Il pivot degli anni ’60 e la crescita dei ’70

Negli anni ’60 i nuotatori cominciano a crearsi da soli i propri occhialini che includevano “coppette” di plastica assicurate con fascette elastiche. I tempi, però, erano in continuo cambiamento e il mercato si accorse di questa esigenza. La prima pubblicità di occhialini compare nella rivista Slimming World Magazine nel 1968: disponibili in una sola taglia (e non ancora del tutto comoda) vengono presentati come un prodotto per l’allenamento (erano ancora proibiti per le competizioni).

Non c’era ancora un prodotto che soddisfacesse appieno le richieste dei nuotatori, ma la ricerca non si arrestò di certo. Un anno dopo, nel 1969, venne introdotto il policarbonato: leggero, sottile, resistente all’usura e alla rottura, questa innovazione battezzò i cosiddetti Godfrey Goggles.

Si deve aspettare fino al 1972 per veder comparire gli occhialini, per la prima volta, a una competizione ufficiale: l’olimpionico scozzese David Wilikie fu il primo nuotatore a indossarli e, per di più, insieme a una cuffia. Nella stessa edizione olimpica Mark Spitz vinse sette medaglie d’oro senza occhialini, né cuffia e con i baffi, a riprova di quanto ancora fosse raro disporre di un equipaggiamento più tecnologico e di come effettivamente cuffia e occhialini non incidessero significativamente sulla prestazione; ciononostante, Wilikie vinse il bronzo e segnò il suo personal best. Con il suo successo, il desiderio della popolazione acquatica di provare gli occhialini incrementò.

Vennero introdotte sia migliorie, che copie dei Godfrey Goggles e, da quel momento in poi, gli occhialini subentrarono nell’equipaggiamento di base che ogni nuotatore doveva possedere. Nel tempo, il focus si spostò, oltre che sul design, sui modi per aumentare l’idrodinamicità o, sulla protezione dai raggi UV, sullo sviluppo di tecnologie anti-appannamento e su occhialini per chi era allergico al silicone, come gli svedesi. L’obiettivo? Aiutare i nuotatori a essere più veloci.


Il presente

Se oggi non basta semplicemente dire “ho comprato un nuovo paio di occhialini” ma bisogna anche specificare quali, è grazie al progresso che ha caratterizzato la produzione di occhialini dagli inizi fino a ora. Entrando in un negozio di articoli di nuoto, la scelta da fare è in base allo stile, alla forma, all’uso, perfino in base al colore: è sbalorditivo pensare che un tempo tutto ciò che il mercato offriva era un unico modello, dai cilindri ovali e scomodi, o che gli occhialini che fanno vedere in acqua così nitidamente un tempo erano dei bizzarri gusci di tartaruga.

Per non parlare, poi, di quanto avanzati siano i materiali che s’impiegano oggi – e di quanto lo saranno quelli degli occhialini di domani, visto che la ricerca non si arresta e si punta a inseguire la miglior prestazione possibile.

Presentata dunque la creativa, quanto affascinante storia degli occhialini, prossimamente sul sito il focus si sposterà su quanto la loro introduzione abbia impattato sui riscontri cronometrici degli atleti.


Sitografia:


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Profilo Autore

Sofia
Sofia
Studentessa di Chimica, nuotatrice agonista, aspirante scrittrice: non necessariamente in quest’ordine. Forse l’unica nuotatrice al mondo che trova divertenti i 200 farfalla, ma le sue gare preferite in assoluto sono i 100 farfalla e i 100 stile. Membro della redazione, il suo compito? Raccontare storie di cloro sul mondo natatorio e le sue dinamiche per affascinare i meno appassionati, per strappare un sorriso dopo la stanchezza di fine allenamento o, semplicemente, per far battere il cuore agli atleti della community e farli innamorare del nuoto come la prima volta.