Dal 19 luglio al 3 agosto 1952, la capitale finlandese Helsinki ospitò i 15° Giochi Olimpici estivi, i primi dell’era moderna. Il più grande evento sportivo del mondo dopo la Seconda Guerra Mondiale si svolse in piena Guerra Fredda e segnò l’inizio della rivalità Est-Ovest. La fiamma olimpica venne portata dal leggendario “finlandese volante” Paavo Nurmi, vincitore di nove medaglie d’oro negli anni Venti.

Questa edizione dei Giochi vide il ritorno della delegazione russa, sotto la bandiera dell’URSS, dopo 40 anni di assenza e segnò il ritorno delle squadre tedesche e giapponesi alle competizioni olimpiche. Parteciparono per la prima volta 13 Paesi e territori, tra cui Israele, uno Stato appena creato e riconosciuto dalle Nazioni Unite nel 1948, e il Vietnam, un Paese in piena confusione politica.  

Le Olimpiadi del 1952 videro anche il debutto del ginnasta sovietico Viktor Chukarin, che vinse la prima delle sue due medaglie d’oro individuali negli esercizi combinati. Il mondo fu spettatore della straordinaria impresa del cecoslovacco Emil Zatopek, diventando l’unica persona nella storia delle Olimpiadi a vincere i 5.000 metri, i 10.000 metri e la maratona nella stessa edizione. Questi furono anche i Giochi di Eva Szekely, campionessa olimpica di nuoto ed eroina nella sua Ungheria, che sfuggì all’Olocausto prima di poter raggiungere la grandezza.


LA PROMESSA DEL NUOTO MAGIARO

Éva Székely nacque a Budapest il 3 aprile 1927 da Andor e Maria Székely, il padre aveva un negozio di articoli metallici mentre la madre era casalinga. 

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Il suo amore per il nuoto agonistico cominciò all’età di nove anni, quando ascoltò alla radio la vittoria del nuotatore ungherese Ferenc Csik nei 100 metri stile libero alle Olimpiadi di Berlino del 1936. Fu proprio dopo quell’episodio che Eva si pose l’obbiettivo di salire sul gradino più alto del podio olimpico e di far risuonale l’inno nazionale ungherese all’appuntamento sportivo più importante al mondo.

Già promettente nuotatrice da ragazzina, nel 1939 entrò a far parte della squadra locale FTC con cui vinse un titolo nazionale in acque libere e stabili il record nazionale. La sua carriera fu interrotta nel 1941 a causa delle misure di esclusione in seguito alle leggi razziali in Ungheria, quando all’età di quattordici anni fu costretta a lasciare la sua squadra di nuoto a Budapest perché ebrea.


GLI ANNI DURANTE LA GUERRA E L’ALLONTANAMENTO DAL NUOTO

Le forze fasciste all’interno dell’Ungheria peggiorarono progressivamente la situazione per gli ebrei, ben prima che i nazisti occupassero il Paese nel 1944. Quando Éva aveva 17 anni, un funzionario del partito della Croce Frecciata, un’organizzazione fascista ungherese che controllava il Paese con il sostegno dei nazisti, le ordinò di marciare verso il Danubio, dove i fascisti uccisero circa 20.000 ebrei ungheresi quell’inverno. Suo padre tentò di supplicare l’ufficiale, sostenendo che la figlia fosse malata e non in grado di camminare. Non riuscendo a convincerlo, tentò un altro approccio affermando che la figlia fosse una campionessa di nuoto della nazionale ungherese e che lui sarebbe stato felice di averle salvato la vita.

La futura campionessa olimpica fu così risparmiata e realizzò la profezia del padre, vincendo una medaglia d’oro nei 200 metri rana alle Olimpiadi del 1952 a Helsinki e un argento nello stesso evento alle Olimpiadi di Melbourne, quattro anni dopo.

Dopo l’occupazione nazista, più di 70.000 ebrei furono costretti a marciare da Budapest verso i campi in Austria. Coloro che sopravvissero a questo viaggio brutale furono portati nei campi di concentramento o messi a lavorare come operai in campi di lavoro forzati. Eva era stata reclutata per lavorare nei campi di lavoro forzato, ma riuscì a fuggire saltando su un tram di passaggio durante una marcia forzata attraverso la città. Loro la volevano morta, lei voleva vincere le Olimpiadi.

Trascorse gli ultimi anni della guerra in un rifugio di due stanze a Budapest, gestito dagli svizzeri. Nonostante gli ostacoli incontrati, Székely trovò il modo di allenarsi, mantenendosi in forma correndo su e giù per cinque rampe di scale per cento volte ogni mattina.


IL RITORNO IN NAZIONALE E LA CONSACRAZIONE OLIMPICA

Éva Székely tornò a rappresentare il suo Paese nelle competizioni internazionali nel 1945 dopo diversi anni di pausa forzata, e sotto la guida dell’allenatore Imre Sárosi sviluppò il suo talento, ottenendo risultati sempre migliori. Nel 1947 vinse tre medaglie d’oro ai Giochi universitari mondiali e la prima medaglia internazionale arrivò con l’argento nei 200 rana ai Campionati Europei di Montecarlo. La sua carriera olimpica iniziò ai Giochi del 1948 a Londra, dove si classificò quarta nei 200 metri rana, quinta nella 4×100 metri stile libero e sesta nei 400 metri stile libero. Ai Campionati mondiali universitari del 1951 vinse cinque medaglie d’oro e l’anno dopo arrivò la definitiva consacrazione alle Olimpiadi del 1952.

All’epoca, la nuotata a rana era un misto tra quella che oggi noi tutti conosciamo con questo nome e la nuotata a farfalla, ovvero con il recupero delle braccia fuori dall’acqua. Le regole consentivano di sostituire la rana con la farfalla, molto più veloce ma molto più impegnativa e in pochi, soprattutto nessuna donna in particolare, riuscivano a coprire l’intera distanza dei 200 metri nuotando in questo modo. Nessuna prima di Éva Székely, che fu la prima capace di completare la gara con questa tecnica. Vinse l’oro olimpico ai Giochi Olimpici di Helsinki nel 1952 con il tempo di 2:51.7 guadagnandosi così il soprannome di Lady Butterfly. Éva Székely stabilì il record olimpico, facendo parte di una squadra di nuoto femminile ungherese dominante che vinse la medaglia d’oro in quattro gare su cinque.

Éva stabilì dieci record mondiali e cinque olimpici, tra i quali sono compresi quello dei 100 metri rana nuotati in 1:16.9 nel maggio 1951, dei 400 metri misti in 5:50.4 prima e in 5:40.8 poi e nella 4×100 metri stile libero in 4:27.2 e nella 4×100 mista in 5:09.2. 

Dopo l’attività agonistica, Éva si dedicò con successo alla carriera di allenatrice. Uno dei suoi pupilli di maggior successo è la figlia Andrea Gyarmati, che alle Olimpiadi di Monaco del 1972 vinse una medaglia d’argento nei 100 metri dorso e un bronzo nei 100 metri farfalla, stabilendo un record mondiale durante le semifinali.  Fu eletta nella International Jewish Sports Hall of Fame e nel 1976 venne nominata membro della International Swimming Hall of Fame, dopo aver fatto parte di un’epoca dominante della rana femminile ungherese nel secondo dopoguerra.

La vita da atleta di Éva Székely fu, senza ombra di dubbio, il suo rifugio sicuro contro le depredazioni subite dagli ebrei in Ungheria sotto i nazisti. In un periodo storico in cui le persone venivano private di tutto venivano umiliate nella loro dignità, il sogno dell’oro olimpico ha rappresentato per Éva la sua stella polare che, in un caso rarissimo, le ha dato la forza di superare avversità così gravi e di rimanere concentrata sull’obbiettivo di diventare campionessa olimpica.


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