Caeleb Dressel non si è qualificato per i Campionati Mondiali di Fukuoka 2023. In questo articolo, però, non vogliamo limitarci a raccontare questa notizia. Vogliamo provare a fare uno sforzo in più, scendendo a qualche metro di profondità, osservando questa vicenda da un’altra prospettiva.
Per farlo abbiamo provato a individuare le 7 considerazioni, 7 spunti o forse addirittura 7 lezioni che impariamo dai Trials di Dressel. Sette, come i suoi titoli olimpici. Sette, come le sue vittorie ai Campionati Mondiali di Budapest 2017. Sette, come le ore (o forse i giorni?) che certi giornalisti dovrebbero trascorrere a riflettere prima di scrivere certi titoli. Ma andiamo con ordine.
29° nei 100 stile libero (49″42), terzo nei 50 farfalla (23″35), quinto nei 100 farfalla (51″66) e 22° posto nei 50 stile libero (22″72). Insomma, Caeleb Dressel non si è qualificato per i Campionati mondiali di Fukuoka 2023. E se è vero che i suoi risultati potrebbero essere una sorpresa per molti, l’analisi da fare deve andare al di là del semplice riscontro cronometrico.
No, il successo di un atleta non può essere misurato solo in termini di medaglie vinte o record infranti. No, gli atleti non sono macchine che non provano emozioni. No, il talento non deve essere una condanna. No, non esiste (e non deve esistere) nessun erede di Michael Phelps.
Ecco quindi sette considerazioni che possiamo trarre dalla recente esperienza di Dressel, lezioni che evidenziano l’importanza della salute mentale e fisica di un atleta, dell’amore per lo sport, della resilienza e della capacità di tornare alla competizione nonostante le difficoltà.
1. GUARDARE OLTRE IL CRONOMETRO
Prima lezione: qualsiasi risultato cronometrico deve essere analizzato sempre all’interno di un contesto più ampio. Dopo una pausa di undici mesi per motivi di salute mentale Caeleb Dressel ha ripreso gli allenamenti nel febbraio scorso, aumentando gradualmente l’intensità fino a raggiungere otto sessioni settimanali nel mese di maggio.
Certo, il fatto che Dressel non si sia qualificato ai Mondiali fa notizia… ma se l’obiettivo del suo ritorno fosse quello di raggiungere la condizione psico-fisica ottimale per i Giochi Olimpici di Parigi del prossimo anno?
2. MA E’ DAVVERO NECESSARIO GIUDICARE SEMPRE?
La critica sportiva, spesso, è come un mare in tempesta: emotiva, impetuosa, pronta travolgere chiunque faccia un passo falso. Ma non dovrebbe forse analizzare in modo equilibrato il risultato? Non dovrebbe forse illuminare cause e circostanze? Non si dovrebbe forse celebrare il coraggio di Caeleb Dressel che nonostante la condizione, nonostante le difficoltà, ha deciso di buttarsi in acqua?
Si parla di fallimento, si parla di flop… in questo costante esaltare l’atleta nella vittoria e affossarlo nella sconfitta. Come se esistesse solo una faccia della medaglia, come se esistesse una sola via. Ma non è così per nessuno, nemmeno per i grandi campioni.
3. BISOGNA PRENDERSI I PROPRI TEMPI
Di tanto in tanto bisogna fermarsi e ristabilire la rotta. Una pausa nel caos, un momento per rigenerare le forze e prepararsi per la prossima traversata.
Durante l’intervista con i media al termine dei Trials Dressel ha detto: “Il mio corpo mi ha presentato il conto. C’erano molte cose che ho tenuto nascoste e che sono venute fuori tutte insieme, non avevo davvero scelta”. Fermarsi è importante. Prendersi i propri tempi è importante. Trovare il proprio equilibrio è importante.
4. NON ESISTE SOLO IL NUOTO
Bisogna imparare a godersi i momenti semplici della vita, senza essere perfezionisti, senza pensare eccessivamente al nuoto: “C’erano altre priorità che ho capito essere molto più importanti del nuoto“.
Cercare di godersi di più la vita per trovare la giusta serenità nell’affrontare questo nuovo percorso nel nuoto: “Sono diventato molto bravo a stare seduto, a stare con me stesso e a non preoccuparmi del nuoto. Non preoccuparmi e a non pensare al nuoto.”
5. AVERE LE GIUSTE MOTIVAZIONI
Le correnti cambiano, le tempeste si alzano, ma una cosa è fondamentale: avere le giuste motivazioni. Motivazioni che devono arrivare da dentro sé stessi e non dalle aspettative degli altri. Perché non è per niente semplice nuotare con il peso di essere il primo nuotatore statunitense post Phelps era.
“Mi mancava, quasi ogni giorno. Mi mancavano le piccole cose di questo sport: le bolle di sapone, le dita dei piedi sul grip tape, il cloro, che tu ci creda o no – io odio il cloro – mi mancava il cloro, mi mancava la pelle secca. Mi mancava ogni aspetto di questo sport. Ed è così che ho capito di essere pronto a tornare. Non perché ne avevo bisogno, ma perché lo desideravo.“
6. ESSERE FELICI NUOTANDOssere felici nuotando
“C’è una differenza tra gareggiare con paura perché non vuoi metterti in imbarazzo e godersi la gara (…) Io non mi divertivo così da un bel po’ di tempo.”
L’ha sottolineato Dressel e l’ha evidenziato il suo allenatore Anthony Nesty, rilevando che Dressel era felice di nuotare per la prima volta da molto tempo. Riuscire a essere felici nuotando: senza sentire il peso del proprio talento, senza la paura di essere giudicati senza pensare al mero riscontro cronometrico.
7. NON AVER PAURA DI PERDERE
Non deve essere stato semplice per Dressel scendere in acqua ai Trials. Ogni volta che si mette in gara affronta un’enorme pressione, con gli occhi di tutto il mondo natatorio puntati su di lui.
Dressel ha fatto una scelta coraggiosa, scendendo in acqua comunque. Affrontando i Trials. Perdendo. Ha affrontato e sta affrontando queste acque turbolente con tenacia e determinazione: “Ho sempre amato questo sport e la sua correttezza. Sono orgoglioso di me stesso e dei risultati ottenuti, che ci crediate o no“.
Consapevole del proprio percorso e della propria forma attuale: “Sto bene in questo momento. Sono molto indifferente ai miei risultati, sono un po’ tirato da entrambe le parti. Un po’ imbarazzato, tipo: “Che cosa è successo? Ma anche pienamente consapevole di quello che è successo e dell’anno che ho avuto. Quindi lo capisco”.
Insomma, lasciamo che gli atleti solchino i loro mari in pace.
Concludo questo articolo con la poesia intitolata “PAURA”, di Sheil Silverstein, condivisa da Dressel su Instagram al termine dei propri Trials.
Barnabus Browning
di Sheil Silverstein.
Aveva paura di annegare,
Quindi non nuotava mai
Non saliva su una barca
Non faceva il bagno
Non attraversava un fossato.
Stava semplicemente seduto giorno e notte
Con la porta chiusa a chiave
E le finestre inchiodate,
Tremando dalla paura
Che un’onda potesse apparire,
E piangeva così tante lacrime
Che riempirono la stanza
E lui annegò
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Profilo Autore

- Una laurea Magistrale in Filosofia presso l'Università di Pavia, un'innata passione per la scrittura, la comunicazione e i social network. Nel 2010, in una serata post allenamento, ho creato nuoto uno stile di vita, da quel giorno mi sono fermamente convinto di una cosa: "tutti i più grandi pensieri sono concepiti mentre si nuota" (semicit). No, dopo 5 anni di università non ho capito se sia peggio Kant o un 400 misti.
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