In piscina, oltre al cloro, c’è tanta fisica. Nel nuoto, l’apporto di questa disciplina è fondamentale e senza di essa non avremmo molte delle innovazioni che il progresso tecnico-scientifico ha portato, dal perfezionamento della tecnica di nuotata all’ultimo modello di occhialini da competizione. Ma può l’attrito, una forza che si oppone al movimento del corpo, aiutare un nuotatore? La risposta è: dipende.

La forza d’attrito

Sembra un controsenso, ma è così. In uno sport dove le prestazioni dipendono così tanto dall’interazione dell’atleta con il mezzo circostante, la forza d’attrito è un prezioso alleato che permette di nuotare veloce e di capire se sia meglio nuotare con la mano aperta o chiusa. Quali sono le limitazioni e le potenzialità della forza d’attrito nel nuoto?

La forza d’attrito è una forza di contatto passiva, ovvero generata dal semplice contatto tra due superfici e tale da opporsi al movimento di un corpo. Quando un nuotatore si muove in acqua, è soggetto a una forza d’attrito (definita, attrito viscoso) dovuta all’interazione tra il suo corpo e le molecole d’acqua.

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Le variabili che la ricerca tiene in conto sono la velocità con cui il corpo si muove nel fluido, in questo caso acqua, dal fluido stesso e dalla forma e dimensione del corpo. Esistono casi in cui la forza d’attrito è determinante per andare veloce, così come in diverse situazioni si cerca di eliminarla completamente.

Il costumone

Per esempio, per il costumone, la forza d’attrito è un ospite indesiderato. La finalità della ricerca per il costumone più performante è, oltre quello di commercializzare un materiale comodo che possa allo stesso tempo comprimere i muscoli, eliminare la forza d’attrito per una nuotata maggiormente idrodinamica, favorendo lo scivolamento in acqua.

Michael Phelps ha dichiarato che quando entrava in acqua con indosso lo Speedo LZR si sentiva un razzo. Infatti, i test in laboratorio hanno dimostrato che i body suit riducono l’attrito dell’acqua del 24% rispetto ai costumi attuali più veloci e del 38% rispetto alla comune lycra.

Ma non è solo il costumone che fa la differenza e la forza d’attrito, in realtà, conta. È qui che entra in gioco la “spinta” nella fase di nuotata. Ogni singolo dettaglio può essere fondamentale per la propulsione in acqua, tant’è che anche l’angolo che la mano forma con il braccio e la posizione delle dita possono essere importanti: a questo proposito, meglio nuotare con le dita della mano serrate o aperte?

Per inseguire la nuotata perfetta, vediamo di inserire un po’ di simboli e formule nel discorso: non c’è nulla da temere, quando si parla di nuoto, la fisica diventa subito più divertente e più facile da capire!

Il coefficiente d’attrito

L’efficienza di spinta dipende da due fattori: la dimensione della mano (superficie A) e la distanza tra le dita della stessa che ne modificano la forma tridimensionale. Un altro importante fattore è il coefficiente di attrito in acqua che dipende dalla forma della mano e quindi, come detto poco fa, è strettamente connesso alla posizione delle dita. Infine la resistenza offerta dall’acqua (R) dipende dalla superficie A, dalla densità dell’acqua ρ, dalla velocità delle braccia in acqua v e dal coefficiente di resistenza o attrito CD secondo la formula:

R= 1/2 · ρ · A · v^2 · CD.

Una mano più grande (A) e un coefficiente di attrito maggiore (CD) possono quindi migliorare l’efficacia della propulsione riducendo la frequenza di bracciata a parità di spinta.

Negli ultimi anni molti gruppi di ricerca hanno cercato di risolvere la controversia “mano chiusa – mano aperta” studiando tra efficienza biomeccanica e grado di rilassamento della mano, arrivando quasi sempre a sostenere che sia più efficiente nuotare se c’è uno spazio fra le dita. Ad esempio nel lavoro di Minetti del 2009 si osserva che il coefficiente di resistenza è massimo per una distanza tra le dita di circa 8 mm.

Fluido-dinamicamente parlando, anche i vortici che si generano nel dorso della mano durante la spinta dipendono dalla distanza tra le dita. Anche la “regione di scia” è influenzata: a una regione estesa corrisponde una maggiore depressione che, conseguentemente, fa aumentare la propulsione.

Quale sia davvero la migliore spaziatura tra le dita rimane ancora oggetto di discussione sia tra gli scienziati, i cui studi più recenti affermano che sia meglio nuotare con la mano completamente chiusa (è nella patria dell’Iron Lady, all’Università di Budapest, che sono giunti alla conclusione totalmente opposta), sia tra i nuotatori che, confrontandosi e migliorandosi continuamente, tra mani chiuse e mani aperte trovano il proprio stile di nuotata e lo affinano tecnicamente.

Con questo articolo si chiude la rubrica scientifica Chasing Water: inseguire l’acqua per la massima resa, in cui si sono analizzati i principali aspetti del nuoto dal punto di vista delle scienze chimiche, fisiche e matematiche. Avete trovato anche voi qualcosa da inseguire? Se è l’acqua, mi fa piacere; se non è l’acqua, buona nuotata comunque!


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Profilo Autore

Sofia
Sofia
Studentessa di Chimica, nuotatrice agonista, aspirante scrittrice: non necessariamente in quest’ordine. Forse l’unica nuotatrice al mondo che trova divertenti i 200 farfalla, ma le sue gare preferite in assoluto sono i 100 farfalla e i 100 stile. Membro della redazione, il suo compito? Raccontare storie di cloro sul mondo natatorio e le sue dinamiche per affascinare i meno appassionati, per strappare un sorriso dopo la stanchezza di fine allenamento o, semplicemente, per far battere il cuore agli atleti della community e farli innamorare del nuoto come la prima volta.