“Non amavo affatto l’acqua, a tre anni mi gettarono in piscina, vivere in una città di mare ti obbliga a saper nuotare: fu uno choc. I pianti erano all’ordine del giorno, mi mamma mi convinceva a smettere immediatamente; ma dopo questo nefasto periodo che ricordo ancora benissimo, ingranai molto bene e grazie al mio allenatore, un tipo dal carattere burbero misto a sprazzi di dolcezza, ce la feci.
Cominciai quindi a gareggiare e a vincere, ci presi gusto; le vittorie erano locali, regionali ma ben figuravo ai meeting nazionali e internazionali: partivamo quasi ogni settimana in giro per l’Italia e i tempi erano promettentissimi; finché qualcuno decise che avrei dovuto passare a qualcosa di più “serio”. Il passaggio fu devastante, le prestazioni peggiorarono e scese anche lo sconforto: non andavo più bene, non avevo mantenuto le promesse.
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Non ce la facevo più, nonostante mi impegnassi. Da qui la decisione sofferta, ma anche liberatoria, di passare dopo circa 12 anni di agonismo pieno, alla pallanuoto. Partecipai a campionati giovanili e a molti di serie B, poi, a 20 anni, improvvisamente lo stop, in massima parte per motivi di studio: l’università mal si adatta allo sport dilettantistico e io dovevo laurearmi presto.
Il trauma fu immenso: lo tenni per me, soffrii moltissimo in silenzio. Ormai, però, la decisione era presa, decisi addirittura di gettare via tutto, ogni ricordo che potesse far riaffiorare la passione: gettai costumi, calottine, medaglie, coppe e ogni pensiero che mi riconducesse in piscina. Giurai che non avrei messo più piede in una piscina ne avrei mai più visto una gara o una partita di pallanuoto. E così fu per 27 lunghi anni.
Restavo alla larga, orgoglioso della mia decisione e guardando gli altri con sufficienza. Non cercai di convincere i miei due figli a iniziare il nuoto e non volli nemmeno insegnargli a nuotare, lo fecero altri. Non nuotavo nemmeno a mare; c’era gente al lido estivo che pensava che io non sapessi addirittura nuotare.
Poi un giorno, uno dei miei allenatori della giovinezza mi volle incontrare a bordo vasca, insistette parecchio, mi mandò a chiamare. Così, come per un dovere morale, scesi per la prima volta su un piano vasca, avevo i brividi a sentire quell’odore. Lo rividi, ero visibilmente commosso, ci abbracciammo calorosamente. Alla fine dell’incontro mi chiese di buttarmi e di fare 25 metri per lui: mi presentò agli altri come un ex fuoriclasse.
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Molti mi riconoscevano e si ricordavano di me, altri mi guardavano con sospetto: la pancetta era evidente. Lo accontentai, una vasca cosa vuoi che sia per chi andava con medie di 7-8 km al giorno. Ebbene, ebbi difficoltà a finirla. Non vi dico a rientrare: ero stravolto dalla fatica e dalla vergogna.
Mi chiese di continuare per rimettermi un po in forma: provai a nuotare, ero visto quasi con compassione da chi nuotava solo da qualche anno, avendo cominciato da adulto. Alcuni mi davano addirittura consigli su come nuotare, e fu allora che la mia innata competitività uscì, da troppo tempo sopita, repressa dall’orgoglio.
Fu così che mi promisi di riprenderli tutti, a uno a uno, di dimostrare costoro chi ero un tempo e che cosa potevo ancora fare: ci riuscii eccome. La scommessa con me stesso fu vinta, partivo per primo e li lasciavo molto dietro: non ce n’era per nessuno. Ma il nuoto che avevo ritrovato era uno sport assai diverso da quello che avevo lasciato: c’era troppa arroganza ora, una specie di falso professionismo quasi fastidioso, mentre io ricordavo tutt’altro ambiente.
Decisi quindi di staccare dopo quest’anno, in fondo avevo vinto, avevo ripreso e messo tutti dietro anche se alcuni masticavano amaro, e io confesso che godevo…. Smisi, tornai alla bicicletta amatoriale. Ma ero un illuso … sentivo il richiamo, l’odore del cloro mi tormentava. Rimasi lontano per un solo anno, ma ambivo a ritornare in vasca, cosa che feci l’anno successivo in silenzio, rigorosamente da solo, nuoto libero.
In corsia con chi faceva riabilitazione, con vecchietti arzilli, io pacatamente arrancavo da solo, come un mezzo disperato; rifiutavo le proposte assidue di gareggiare nei master, per sfuggire a queste pressioni cambiai addirittura piscina, sperando che nessuno mi avrebbe riconosciuto, vanamente. Dal canto mio guardavo gli allenamenti dei master ed ero tentato ma duro come un muro di acciaio mi dicevo che non era roba per me: avevo già dato fin troppo.
Finché alla vigilia di natale di due anni fa, mi fu data l’opportunità di una garetta interna in mezzo ai giovanotti, volevo rifiutare, ma mi fu chiesto per favore. L’adrenalina riprese a scorrere come da bimbo, gareggiai con tempi ottimi, vinsi tre gare in mezzo ai giovanotti che potevano venirmi figli; da li il passo fu breve, mi fu chiesto di aiutare la squadra solo per una staffetta, nicchiai, ma cedetti….finalmente.
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Staffetta si, ma anche una gara, per favore….e fu così che feci la mia prima gara. Sensazione strana, ero un pesce fuor d’acqua, dovetti farmi spiegare tutto come funzionava: sembravo un alieno, io che ero di casa al Foro Italico, alle piscine di Genova, Padova, Ginevra… ora dovevo chiedere in punta di piedi come funzionava il sistema, cosa fosse la camera di chiamata, le categorie. In piscina rividi compagni che non vedevo da 40 anni e oltre. Alcuni non li riconobbi proprio e forse loro non riconobbero me.
Dissi tra me e me che avrei dovuto vincere questa prima gara e se così non fosse stato la mia carriera nei master si sarebbe chiusa immediatamente come rapidamente si era riaperta. Vinsi in una gara non mia: l’emozione fu tanta, immensa, fu solo mia, non riuscivo a esternarla, non riuscii a dormire la notte prima e quella dopo… eppure avevo fatto centinaia di gare in gioventù, molto importanti.
Eppure queste le sentivo, moltissimo. Mi dissi che le cose vanno fatte bene, intensificai gli allenamenti, mi rimisi in forma, perdendo 12 kg, nuotando per me stesso e per la squadra. Presi confidenza con i compagni, io, schivo e silenzioso di natura, mi trovai immerso in un’ambiente nuovo ma che aveva risvegliato questa antica passione repressa con notevole forza per troppo tempo.
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L’anno scorso gareggiai praticamente in tutte le gare in zona con tempi sempre in miglioramento. Certo, sono lontanissimi i tempi migliori, ma mi adeguo, vado ancora forte; sono stato anche in gare in acque libere, sconfiggendo la paura del buio subacqueo. Adesso è come una droga, non riesco a stare lontano dalla piscina. La vita mette davanti prove eccezionali da superare e io ci riesco anche grazie alla forza che nuotare riesce a darmi.
Sono felice di nuotare e di gareggiare, ho ritrovato la passione di un tempo. Un unico rimpianto, non avere avuto la forza e il coraggio di rimettermi in gioco una decina di anni prima, ma spero che il fato mi darà ancora tanto tempo per nuotare in futuro. Intanto scruto il calendario delle gare, farò tutte quelle che potrò fare: ognuna di queste gare mi darà quella emozione pre-gara che mi attanagliava da bambino quando si pensava che era la cosa più importante del mondo. Grazie nuoto per essere tornato a riempire la mia vita.”
– Orazio
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Nati nel 2010, siamo cresciuti a piccoli passi, cercando ogni giorno di condividere con il maggior numero di persone le emozioni che il pianeta acqua ci fa vivere.
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